#mycityoftomorrow

#MyCityofTomorrow è un progetto di ricerca, finalizzato a raccogliere contributi e riflessioni di esperti della comunità scientifica, innovatori, start up, cittadini, per indagare e immaginare insieme nuovi scenari per la città e i territori di domani.

L’emergenza sanitaria, il confinamento sociale, il lockdown, se da un lato hanno messo in luce vecchie e nuove criticità nell’organizzazione e funzionamento dei sistemi urbani, dall’altro hanno stimolato inedite risposte individuali e collettive a molteplici esigenze, ridefinendo gli spazi, i tempi e i riti della quotidianità. Quali lezioni per il futuro possiamo trarre da tali condizioni, per neutralizzare o mitigare le criticità e valorizzare le esperienze più innovative?

I temi di discussione proposti, fra loro strettamente interrelati, sollecitano a interrogarsi su alcune delle principali implicazioni che la diffusione del Covid-19 e le misure per contrastarla sta portando – e porterà – nei modi di vivere, muoversi, relazionarsi, lavorare, abitare nella città e nel territorio.

#abitare

In queste settimane stiamo rivoluzionando il nostro modo di abitare gli spazi domestici e organizzare i nostri ritmi di vita fra lavoro, famiglia e tempo libero: le abitazioni diventano contenitori multifunzionali, in cui si riproducono dinamiche sociali proprie dei luoghi di aggregazione.
Il distanziamento sociale ha fatto riscoprire il valore della prossimità nella dimensione di vicinato: finestre, balconi, cortili condominiali sono tornati a essere luoghi di socialità.
Allo stesso tempo la crisi fa emergere con ancora maggiore forza le condizioni di fragilità di ampie fasce di popolazione, rilanciando la “questione abitativa”, estesa alle necessità di assistenza domiciliare per le categorie più deboli, come tema centrale delle politiche pubbliche.

  • Alla luce dell’emergenza dobbiamo pensare a nuovi modelli per l’edilizia residenziale? Su quali principi e con quali criteri?
  • E per le residenze assistite?
  • Quali possono essere le risposte pubbliche, nell’emergenza e “a regime”, per assicurare un alloggio e un domicilio a chi è senza casa?
#servizicollettivi

La situazione di emergenza impone un generale ripensamento sul funzionamento dei servizi pubblici, spingendoci a riflettere su quali siano le priorità per un nuovo welfare urbano, a partire dal potenziamento delle strutture sanitarie territoriali.
La smaterializzazione e remotizzazione di molte funzioni amministrative e, dall’altro lato, lo sviluppo spontaneo di reti e strumenti di cooperazione a scala locale chiamano in causa l’innovazione tecnologica e sociale come fattori chiave nella riorganizzazione dei servizi.
La possibilità di erogare servizi a distanza ha interessato, con un’intensità finora sconosciuta, anche la scuola, l’università, il sistema museale, le attività culturali in genere: occorre adesso riflettere su come capitalizzare le esperienze per rendere anche questi settori più resilienti e accessibili a tutti.
Un tema a parte è quello legato alla gestione delle emergenze, che in forme, con modalità di diffusione e intensità differenti si manifestano con sempre maggiore frequenza nel nostro paese e nel mondo. La necessità di una pianificazione territoriale orientata alla prevenzione almeno dei rischi prevedibili (sismici, idrogeologici, ecc.) e la disponibilità nei territori di aree e strutture flessibili commisurate alla dimensione degli insediamenti, da poter attrezzare all’occorrenza per varie funzioni di protezione civile, appare ormai improcrastinabile.

  • Quali servizi collettivi occorre attivare o potenziare per rendere le città e i territori più resilienti? Con quale ordine di priorità? E con quale modello di organizzazione territoriale?
  • È possibile immaginare nuovi standard minimi per le dotazioni urbane a integrazione o sostituzione di quelli tradizionali?
  • Agendo su quali leve la riorganizzazione del welfare urbano potrà favorire il riequilibrio fra aree centrali e aree marginali/interne, colmando le disparità esistenti anche all’interno dei medesimi ambiti territoriali?
  • Quale ruolo è destinata ad avere l’innovazione tecnologica nella riorganizzazione funzionale e spaziale dei servizi essenziali per la collettività?
  • Quali forme di sussidiarietà è opportuno istituire, per consolidare e incentivare pratiche collaborative come quelle che si sono attivate in modo spontaneo durante l’emergenza?
  • Che tipo di spazi/strutture utilizzabili “in tempo di pace” per attività collettive possono essere progettate in modo tale da consentire la loro rapida riconversione, in caso di necessità, per funzioni di protezione civile?
#spaziopubblicomobilità

Piazze deserte e giardini chiusi e, di contro, l’uso sempre più diffuso delle piattaforme “social” e di telecomunicazione hanno evidenziato le potenzialità e i limiti di quest’ultime nel surrogare lo spazio pubblico fisico rispetto ai bisogni della vita associata. D’altra parte, è apparso evidente come l’accesso stabile e sicuro a internet rappresenti un requisito indispensabile, non meno della disponibilità di spazi pubblici di qualità, ad assicurare condizioni di “cittadinanza” più equilibrate fra i diversi ambiti territoriali.
Esperienze pregresse di uso civico di beni comuni possono forse rappresentare una modalità replicabile, a basso costo ed elevato spessore sociale, per ampliare l’offerta di spazi ad uso pubblico soggette a forme di controllo autogestito.
Enorme l’impatto che le misure di contenimento del virus hanno avuto – e avranno per un tempo ancora indefinito – sulla mobilità urbana e interurbana, la cui riorganizzazione in chiave “sostenibile”, da tempo ritenuta indispensabile al fine di ridurre la congestione e l’inquinamento prodotti dall’uso prevalente degli automezzi privati per ogni tipo di spostamento – dovrà ora misurarsi con uno scenario del tutto inaspettato.

  • Che ruolo avrà lo spazio pubblico fisico nel processo di riorganizzazione che investirà città e territori nel prossimo futuro? A quali “popolazioni urbane” si rivolgerà e per quali usi?
  • Quali saranno gli effetti a lungo termine che il distanziamento sociale a cui siamo stati costretti dal virus produrrà sul nostro modo di vivere – e di progettare – gli spazi urbani?
  • Quali forme di autogestione possono essere attivate per assicurare una fruizione controllata, dal punto di vista della sicurezza, dei beni comuni
  • Quali saranno gli effetti dell’attuale emergenza sulla mobilità urbana? Quale il futuro, in particolare, del trasporto pubblico? Gli strumenti fino ad oggi individuati per renderle i trasporti urbani più sostenibili dal punto di vista ambientale e sociale saranno ancora validi o avremo bisogno di nuovi modelli?
#ambienteclima

L’emergenza sanitaria si intreccia alle minacce ambientali e alla crisi climatica, che, fino a qualche settimana fa, dominavano il dibattito sul futuro del pianeta e dell’umanità.
Alcuni studi hanno ipotizzato l’esistenza di una correlazione fra inquinamento atmosferico e intensità di diffusione del contagio. In ogni caso, gli effetti benefici registrati nella biosfera a seguito della chiusura forzata di molte attività produttive e alla drastica riduzione dei trasporti mettono in luce le contraddizioni del modello di sviluppo che ha costituito fino ad oggi la “normalità”.
La fase di “ricostruzione” delle economie prostrate dalla pandemia dovrà essere colta come un’occasione per impostare sulla base di criteri ambientalmente più sostenibili i sistemi e le filiere di produzione nazionali e locali.

  • Quali sono i legami tra l’attuale emergenza sanitaria e la crisi ambientale e climatica e quali possono essere le risposte comuni da mettere in campo per prevenire future catastrofi?
  • Su quali settori occorre puntare affinché il “green new deal”, di cui tanto si è parlato prima della pandemia, possa costituire il volano della ricostruzione economica nei paesi colpiti dal virus?
  • Quale sarà il ruolo delle aree verdi e dei sistemi ambientali nella riorganizzazione delle aree urbane all’indomani dell’emergenza?

Il mondo del lavoro è quello destinato a subire maggiormente i contraccolpi della pandemia, i cui effetti si sono fatti sentire, in modo diverso, in ogni settore: nell’agricoltura, nell’allevamento e in tutte le filiere della produzione alimentare, il cui valore strategico nel soddisfare anche in tempo di crisi il fabbisogno della popolazione è uscito rafforzato; nelle altre attività del settore secondario, la cui ripresa, dopo il lockdown, dovrà fare i conti con un mercato completamente mutato oltre che con la necessità di adeguare gli ambienti di lavoro a nuovi standard di sicurezza; nel terziario, la cui riorganizzazione passerà verosimilmente attraverso il consolidamento dello smart working, sperimentato in varie forme durante il confinamento.
Ci si interroga inoltre su quali saranno le conseguenze a lungo termine sulla distribuzione e sulle abitudini di consumo, tra e-commerce, media e grande distribuzione, e negozi di vicinato: tipologia quest’ultima che sembrava a rischio estinzione e che in questo frangente ha invece dimostrato di poter ancora svolgere un ruolo complementare importante all’interno del sistema commerciale.
La pesantissima crisi che ha investito il turismo ha messo in evidenza la fragilità di un’economia eccessivamente dipendente da questo settore: tema particolarmente sentito nelle città d’arte e nelle località di villeggiatura, la cui “turistificazione” ha ricevuto negli ultimi anni ulteriore impulso dallo sviluppo della sharing economy applicata alle locazioni brevi, con effetti anche molto negativi di espulsione dei residenti stanziali. Un modello che occorre ripensare in un’ottica di diversificazione economica, tutela della residenza oltre che dei beni culturali e – nella prospettiva di una ripresa, che comunque non sarà immediata – gestione programmata dei flussi.
Legata al turismo è anche l’industria culturale e degli eventi, che dovrà a sua volta re-inventarsi in forme più resilienti.
Quali saranno gli effetti di questa ristrutturazione profonda del sistema economico nelle città e nel territorio?

  • Secondo quali modelli si riorganizzeranno i diversi comparti produttivi e con quali ricadute sull’assetto delle città e dei territori?
  • È possibile pensare a una strategia di “ricostruzione” del sistema economico orientata in funzione dei massimi benefici (non solo in termini economici ma anche ambientali e di equità sociale) che ne possono derivare? E che al tempo stesso renda il sistema più resiliente sia alle emergenze naturali che alle perturbazioni finanziarie?
  • Quali forme di economie collaborative e di comunità attivate prima o durante la crisi possono diventare modelli replicabili su cui far leva per una ripresa in chiave sostenibile?
  • Quali modelli di distribuzione e consumo saranno in grado di veicolare nuovi valori nella scala dei bisogni e nella ricostruzione della domanda? Con quali ricadute sugli spazi urbani e l’uso del territorio?
  • Quali strategie possono essere messe in campo per le città e i territori a forte vocazione turistica per compensare la crisi del settore causata dalla pandemia?

#MyCityofTomorrow – Kick Off!

Dal 24 marzo al 5 aprile 2020 abbiamo chiesto di condividere con noi l’immagine della città che ognuno di voi vorrebbe vivere nel futuro.

Il risultato del sondaggio è stato una città che abbraccia e accoglie la natura, dotata di infrastrutture fisiche e digitali accessibili a tutti e una rete di servizi di trasporto sostenibili. Una città equa, democratica, inclusiva, autosufficiente, arricchita da diversità e specificità, in cui il benessere degli abitanti è al primo posto.

#MyCityofTomorrow - KICKOFF

I vostri contributi sono stati fondamentali per avviare le successive iniziative di #MyCityofTomorrow.